L'importanza di chiamarsi Ernesto
Marialuisa Montedoro
Giuseppe Marzoli
assistente alla regia
Giovanna Guida
assistente ai costumi
Saverio Assumma
produzione
Teatro dell'Elfo
Gli unici due personaggi che non riesco ad associare al mondo disneyano sono rispettivamente un reverendo e un servitore, ma poco importa e poi si sa che a Paperopoli non c’erano né reverendi né servitori (...sarà per questo mi piaceva tanto leggere Paperino?); il reverendo Chasuble, con quella folta e riccioluta chioma bionda sulla bella testa di Mr. Luca Toracca è irresistibile, e irresistibile è pure l’esilarante Mr. Nicola Stravalaci in ben 2 servizievoli ruoli (Merriman e Lane).
Tutti gli attori sono incredibilmente bravi, oltre che divertenti.
Nulla è lasciato al caso in questa interpretazione dei registi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, non i costumi, non la musica (sulle note di I will survive di Glorya Gaynor, consolidata icona gay, stava quasi per scapparci una gioiosa lacrimuccia), né le scene. E che dire delle sempre belle luci di Nando Frigerio e del suono nitido e pulito di Giuseppe Marzoli?
Ho riso tanto, ho vissuto 2 ore lievi che a me son parse durare 2 minuti, e ho imparato 2 cose: la prima, e più importante, è che Oscar Wilde avrebbe meritato solo onori e gloria e l’unico atto osceno è stato il suo processarlo e condannarlo; la seconda è che mai sposerei un uomo che si chiamasse Jack (derivato da Jhon, che orrore!) o Algernon: vuoi mettere quanto è più figo Ernest?