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Clôture de l'amour

tartaglino
raccontato da Michela Tartaglino Mazzucchelli
 
uno spettacolo di Pascal Rambert
 
con
Anna Della Rosa, Luca Lazzareschi

traduzione
Bruna Filippi
 
produzione
Emilia Romagna Teatro Fondazione
 
 
 

Una stanza bianca, un ambiente asettico e privo di qualsiasi cosa tranne due esseri umani che non riescono a parlarsi attraverso un dialogo, ma due monologhi, forti, ininterrotti, violenti, vomitati quasi addosso da Luca ad Anna e viceversa, senza nessuna possibilità di replica.

 

In realtà l’ascoltatore, Anna o Luca, nel proprio silenzio non è muto, anzi parla eccome, o perlomeno io ho sentito, percepito così. Nella fine di un amore, di questo amore, il dialogo non è più possibile, ma c’è mai stato veramente, mi chiedo io, è possibile un dialogo, aperto, ricettivo, empatico? Forse no, ognuno è comunque nel proprio mondo, nelle proprie sensazioni ed emozioni, che l’altro causa ma che derivano dallo propria intima interpretazione, dalla propria lettura, quindi forse si fraintende ma soprattutto si decodifica a proprio piacimento. Il dialogo in amore è un monologo pieno di aspettative, che diventa alla fine un parlare muto o non ascoltato.

 

Quello che mi ha colpito maggiormente in questo spettacolo è il silenzio forzato dell’ascoltatore, Anna o Luca, al monologo dell’amato, dove si distrugge ogni sentimento. Un silenzio privo di parole ma fremente, ogni affermazione dell’uno ha un riscontro fisico nell’altra, e viceversa, un’eco, una fisicità che urla, si dispera, prova disapprovazione o dolore, rabbia.

 

Fisicità e silenzi che mi hanno fatto ricordare un mio primo amore, dove godevo a tal punto dell’amore apparentemente incondizionato dell’altro da specchiarmi nei suoi occhi e non vedere lui, il suo mondo, ma me stessa il mio viso, proprio oggettivamente. Evidentemente non ero interessata all’altro, ma all’esaltazione del mio io, all’adorazione avuta dall’amato.