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scende giù per toledo

montedororaccontato da Marialuisa Montedoro
 
di
Giuseppe Patroni Griffi
 
con
Arturo Cirillo

regia
Arturo Cirillo

scene
Dario Gessati

costumi
Gianluca Falaschi

musiche originali
Francesco De Melis

luci
Mauro Marasà


 

Si potrebbero versare fiumi di toner, scrivere pagine e pagine, ma il web ha le sue regole e solo un poeta potrebbe rendere degnamente omaggio in poche righe ad Arturo Cirillo e alla sua Rosalinda Sprint, femminiello che SCENDE GIU’ PER TOLEDO, destreggiandosi tra rifiuti e aiuti, speranze e illusioni, sarti e stecche di balena, camomille Schultz per schiarire i capelli e il sole da aspettare per asciugarli e farli più belli, una saggia maitresse e una ormai sfatta Baronessa compagna di vita, clienti puttanieri duri-e-puri, ma anche un “bruttochepiace” che però il suo nome non lo vuole dire, e ancora Gennaro, l’Amore con la a maiuscola.

 

Tutto questo è sempre e solo Cirillo (sua anche la regia), che si muove sulla scena con la grazia e la leggerezza di un ballerino di danza classica (e non è un caso che sia stata proprio la danza ad avvicinarlo al teatro), a dispetto di un testo a tratti esilarante ma più spesso osceno, ma di un’oscenità così strabordante di umanità da farsi anch’essa amabile.


Tratto dal romanzo di Giuseppe Patroni Griffi, SCENDE GIU’ PER TOLEDO è tante e tante cose, troppe per stare in una paginetta, ma più di tutte è il sogno d’amore di Rosalinda Sprint, il sogno d’amore di un femminiello che non è per nulla diverso dal sogno d’amore di chi “recchione” non è. Stesso il sentire, identico il patire.

 

Interessante e metaforicamente bipartisan anche la teoria dei due culi che ognuno di noi possiederebbe, ma questa proprio non posso spiegarvela per iscritto. Meriterebbe un trattato. Non vi resta che andare a teatro.

Ne uscirete deliziati.