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Atti osceni

cacciari
 
 
Appare potente, in contrapposizione, la disumana bruttezza di un ordinamento che osa mettere l’arte sotto processo, pretendendo in modo arrogante di ricavare da essa la prova delle condotte private, ma depravate, del suo autore. D’altro canto è lo stesso Wilde a identificarsi con la propria opera, fornendo quindi direttamente parte degli argomenti per il crudele giudizio.

In aggiunta l’accusa verrà facilmente dimostrata attraverso le inequivocabili parole dei testimoni, un gruppo di giovani uomini discinti, che cinicamente –forse senza nemmeno rendersi conto delle conseguenze o forse corrotti- descrivono pubblicamente, in un clima di tragica allegria, gli scandalosi incontri erotici con Oscar Wilde.

L’istante in cui si profila l’inevitabile condanna è drammatico e Franzoni ricostruisce e ci restituisce, abbandonato su una sedia come un burattino svuotato, sotto una luce accecante e un suono assordante, lo sguardo sgomento e terribile di chi vede il proprio destino farglisi nero incontro. Lo spettacolo rapisce e appassiona, dall’inizio alla fine.

Ai momenti processuali si alternano, spostandosi altrove la scena con il bellissimo uso della luce, sia le parole di Wilde poeta, scrittore profondo quanto ironico, divertente e arguto, sia dell’uomo innamorato, che scriveva le sue lettere a Bosie sempre iniziando con “Carissimo ragazzo…”.