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ivanov

romussi
 
 

E poi ci sono gli attori, tanti, colorati e in bianco e nero, che si muovono con un'energia impetuosa e una precisione millimetrica, attori trasformisti, che interpretano diverse parti e lo vedi proprio, che basta un cappello per essere un altro. Attori che dei loro personaggi -un'umanità “vista da fuori” gretta e meschina, annoiata e inutile, quando non truffatrice e avida- fanno degli uomini complessi, sfaccettati, anche solo per un tono di voce, una battuta. Infatti ci troviamo di fronte a un'umanità spesso comica o grottesca, ma pur sempre un'umanità tridimensionale, con le sue ferite e i suoi slanci: anche il personaggio più cinico e scanzonato -Borkin = Fulvio Pepe-, più avido e gretto -la Savisna = Orietta Notari-, più burbero e patetico -il Conte Sabel'skij= Nicola Pannelli-, più fatuo e interessato -la Babakina = Ilaria Falini-, più rigido e moralista – il Dottore L'vov = Ivan Zerbinati rivelano in un silenzio, in un'uscita precipitosa di scena, nel lancio di una parrucca o nella voce che si rompe sulla parola “porcheria”, di essere degli uomini interi.

Il padre ubriacone e sottomesso alla moglie -Lebedev =Gianluca Gobbi- fa morir dal ridere, ma è di una tenerezza piena di cuore con la figlia – Sasa = Valeria Angelozzi-, che ha tutto l'impeto e il furore di una Giulietta, con in più la consapevolezza amara che Ivanov non è Romeo. Sara Bertelà, poi, avrebbe potuto fare di Anna Petrovna un'eroina da tragedia o da melodramma, mentre vediamo una donna vera, profonda e saggia, piena di amore per la vita e per il suo Ivanov, che lei conosce intimamente, ma che ora dice di non amarla più.